
Quando non desideri sposarti, ma scegli di vivere assieme al tuo partner, è possibile stipulare un contratto di convivenza, per regolare i rapporti patrimoniali e tutelare entrambi.
Sono oltre 1 milione le libere unioni in Italia (Report ISTAT, febbraio 2021). E sono sempre più diffuse anche nel caso di famiglie con figli. La varietà dei possibili legami di coppia ha dunque reso necessario regolamentare la conseguente pluralità degli aspetti patrimoniali che ne conseguono.
Alcune persone sono dell’opinione che se vivono insieme allora sono come sposati. Da un punto di vista affettivo questo approccio è condivisibile, ma per la legge non è così. La convivenza di fatto (convivenza more uxorio) è normata dalla Legge n.76/2016 (DDL Cirinnà). E da questa derivano gli orientamenti giurisprudenziali in ambito di diritti e obblighi della vita di coppia.
Ecco spiegato perché è importante conoscere la disciplina che regola gli accordi patrimoniali relativi alla vita in comune e cosa preveda la sottoscrizione di un contratto di convivenza.
Cos’è il contratto di convivenza
I motivi che portano a preferire la convivenza al matrimonio possono essere di diversa natura, sia economica che patrimoniale, nonché legati all’impossibilità di potersi sposare. A prescindere, considerato il progressivo incremento delle unioni di fatto, si è reso necessario intervenire a livello legislativo. Se non altro, per regolamentare le questioni patrimoniali della vita di coppia nella convivenza.
La Legge n.76/2016 consente di regolare le unioni civili tra persone dello stesso sesso e disciplina le convivenze di fatto, siano esse tra omosessuali o eterosessuali. Come specificato dal comma 36, art.1 della stessa legge: […] si intendono per «conviventi di fatto» due persone maggiorenni unite stabilmente da legami affettivi di coppia e di reciproca assistenza morale e materiale, non vincolate da rapporti di parentela, affinità o adozione, da matrimonio o da un’unione civile.
La possibilità di attribuire rilevanza giuridica alla convivenza era già possibile attraverso la sottoscrizione di accordi atipici volti a definirne le regole. Tuttavia, la Legge n.76/2016 introduce la possibilità di disciplinare i rapporti patrimoniali relativi alla vita in comune attraverso la stipula di un contratto di convivenza (Contratto tipico – comma 50, art.1).
Tale contratto non può essere sottoposto a termine, o a condizione, e deve essere redatto in forma scritta, a pena di nullità, con atto pubblico o scrittura privata. Nonché autenticato da un notaio, o un avvocato, che ne attesti la conformità e ne trasmetta copia al Comune di residenza, affinché sia iscritto nei registri pubblici dell’anagrafe. Lo stesso procedimento è previsto per eventuali modifiche al contratto di convivenza, o nel caso di risoluzione dello stesso.
Dunque, puoi definire con consapevolezza e libertà la tua vita di coppia e pianificare la gestione del patrimonio, anche se l’unione è diversa dall’istituzione del matrimonio. Ma quali sono, nel dettaglio, gli aspetti disciplinabili con il contratto di convivenza? Approfondiamo subito.
Cos’è possibile disciplinare con il contratto di convivenza?
Il contratto di convivenza è un negozio formale a contenuto patrimoniale, caratterizzato da cause di nullità e ipotesi di risoluzione peculiari e facoltative. Dunque, è uno strumento che non coinvolge i rapporti personali e successori delle parti, ma solo gli aspetti patrimoniali.
È importante sottolineare che le coppie di unione civile sono equiparate ai coniugi, sotto il profilo del regime patrimoniale. Di conseguenza, in mancanza di una diversa indicazione, sono soggette a regime di comunione legale dei beni.
Invece, per i conviventi registrati o meno all’anagrafe, la situazione patrimoniale è diversa. Ovvero, di base, la proprietà di un bene è di chi lo ha acquistato. Per trasferirne la titolarità anche nella sfera patrimoniale dell’altro componente della coppia è necessario:
- registrare la convivenza all’anagrafe;
- inserire all’interno del contratto di convivenza la clausola che preveda l’adozione del regime di comunione legale dei beni.
Dunque, il contratto di convivenza è una base negoziale da definire e plasmare in base alle esigenze della coppia. Le parti possono disciplinare aspetti come:
- modalità economiche per finanziare le necessità della vita in comune;
- criteri di condivisione della proprietà dei beni acquistati a titolo oneroso nel corso della convivenza;
- modalità di uso della casa adibita a residenza comune, sia se di proprietà di uno solo dei conviventi o di entrambi;
- diritti e obblighi di natura finanziaria in caso di cessazione del contratto di convivenza;
- regolamentazione dei rapporti patrimoniali inerenti al mantenimento, l’istruzione e l’educazione dei figli, partendo dal presupposto che i genitori hanno l’obbligo di mantenere, istruire e educare la prole;
- possibilità di lasciare al proprio partner di fatto una quota dell’eredità non eccedente la quota disponibile. Naturalmente, nel rispetto dei diritti dei legittimari e, addirittura, di un eventuale coniuge separato e legittimario a tutti gli effetti;
- diritti e doveri di assistenza reciproca e misure in materia sanitaria.
Se da un lato l’autonomia negoziale della coppia offre la possibilità di definire un contratto di convivenza “su misura” delle proprie volontà, dall’altro apre ad alcune criticità. Vediamo quali sono gli strumenti che possono ovviare a possibili rischi e tutelare il tuo patrimonio.
Strumenti di tutela del patrimonio nella convivenza di fatto
La Legge n.76/2016 ha il merito di affrontare le criticità in ambito di unione di fatto. Tuttavia, gli aspetti patrimoniali restano relegati alla sottoscrizione del contratto di convivenza, il quale prevedere solo il regime della comunione legale. In questo modo, sono esclusi altri negozi, come il fondo patrimoniale.
Ne consegue che, per un’adeguata pianificazione patrimoniale dei conviventi di fatto, è necessario avvalersi di altri strumenti, come:
- vincolo di destinazione – i conviventi possono ricorrere a questo strumento di segregazione patrimoniale e destinare beni mobili e immobili per la realizzazione di interessi meritevoli di tutela a favore di una persona fisica beneficiaria (art. 2645 c.c.);
- trust – è un negozio giuridico che consente di tutelare il patrimonio, o parte di esso, trasferendone la gestione a un terzo individuo, che dovrà amministrarlo in base a quanto pattuito. Dunque, i conviventi possono istituire il trust per raggiungere uno scopo preciso, legato alle esigenze familiari (trust liberale).
Esiste poi la possibilità di avvalersi di altri strumenti compatibili con la disciplina delle convivenze, definiti negozi trans mortem. Consentono l’attribuzione immediata di beni a favore di un beneficiario, ma offrono al disponente la possibilità avvalersi della facoltà di revoca e modifica nel caso di crisi e conclusione della convivenza.
Se affiancato a un trust, o a un vincolo di destinazione, il negozio trans mortem può essere utile per pianificare gli aspetti legati alla successione ed evitare di incappare nei divieti dei patti successori.
Tuttavia, seppur le convivenze di fatto siano state riconosciute dall’ordinamento giuridico italiano, il sistema successorio rimane aggrappato all’unicità del legame di coppia e alla centralità del matrimonio. Perciò, gli aspetti correlati alla morte di uno dei conviventi sono gestibili su base convenzionale, secondo quanto previsto dalle norme giuridiche in materia di successione.
L’unica forma di tutela prevista dalla Legge n.76/2016, riguarda il decesso del convivente proprietario dell’immobile adibito ad abitazione. Il partner in vita ha il diritto di risiedervi per almeno due anni. Oppure, per un periodo non superiore a cinque anni, se la convivenza supera i due.
Il contratto di convivenza per tutelare i rapporti patrimoniali
La gestione patrimoniale nel contratto di convivenza presenta ancora delle criticità che lasciano aperti diversi dubbi. Nonostante esistano gli strumenti giuridici per tutelare il tuo patrimonio, le possibili casistiche richiedono il supporto di un professionista che possa fornire risposte adeguate.
Dal punto di vista normativo, la convivenza di fatto è ancora un ambito in evoluzione. L’eccesso di tutela potrebbe pregiudicare i diritti e gli interessi di terzi ma, allo stesso tempo, ledere il diritto di poter organizzare la propria vita liberamente. È un confine labile e delicato, che deve essere affrontato con consapevolezza e strumenti idonei.
Se convivi, o pensi di farlo, e vuoi proteggere il tuo patrimonio, contattami senza impegno. Sono a tua disposizione per una consulenza gratuita. Analizziamo insieme la tua situazione patrimoniale e sviluppiamo una strategia che preveda l’uso di negozi giuridici idonei a tutelare il tuo futuro.